domenica 18 febbraio 2018

Gli studi classici oggi? Necessari! Ma dopo i quarant’anni.



Oggi più che mai la formazione di una Persona, che possa aspirare a diventare un Essere Umano adulto e responsabile, ovvero una persona concreta, saggia e capace, ma soprattutto capace di amare, ovvero di dare alla vita, deve passare prima di tutto dal recupero del corpo e del contatto con la natura, grande maestra. Sudare, sporcarsi le mani con la terra, saper fare. Si parte dalla vita: la vita pratica, concreta, fatta di conoscenze e di esperienze fondamentali. Da qui sorge il cuore: una capacità di relazione libera, creativa, amorevole, sincera. Genuina. Ecco il formarsi di una persona sveglia, competente, autentica e responsabile. Una persona che ha corpo e che ha spirito, quindi capace di anima. Da qui, come ultima fase, direi spontanea, è quella della mente superiore, che poggia su solide basi esistenziali e spirituali e che può permettersi, comprendendola veramente, l’esperienza dei Classici. Quei Classici che erano molto vicini alla terra, molto pragmatici e per niente intellettuali da batteria.

Invece oggi (e parlo di oggi perché una volta era la vita, spesso la povertà, a spingere verso necessità pratiche inevitabili che fornivano le basi di cui parlo), spesso vedo studentelli o, peggio ancora, laureati e professorini, che vantano - e tutto misurano (soprattutto permettendosi di misurare gli “altri”) con – la loro “formazione classica”. La loro rovina!

Quando, diciannovenne, lavoravo in banca (da buon ragionierino quale sono) mi ricordo che la cosa peggiore che il capo-ufficio poteva fare a noi “cassieri-terminalisti” era quella di affiancarci, per addestrarlo, il neo-laureato di turno: praticamente trentenne, non sapeva neanche attaccare un francobollo! Quelli che, laureati in Economia, arrivavano dal liceo, erano i peggiori: probabilmente conoscevano tutti i segreti dei modelli macroeconomici mondiali, ma non sapevano spedire una raccomandata, né tanto meno avevano mai capito davvero la partita doppia. Ma, soprattutto, non ascoltavano. Probabilmente non raccomandati a sufficienza per insediarsi altrove, venivano spediti da noi, all’inferno, ad avere a che fare con i clienti, con il collega rompiballe, con il direttore aguzzino, con i conti di cassa che se a fine giornata non tornano ci rimettevi tu, insomma a lavorare un po’ davvero!

Li vedo io, questi mediamente ipocriti, incompetenti e inetti, teorici, saccenti intellettuali da salotto, sinistroidi, buonisti e benpensanti (col culo degli altri), tutto mente, senza corpo (spesso rachitici) e senza anima, ben vestiti o mal vestiti per posa, incapaci di concretezza e di ogni forma di praticità e di realismo, uscire da quelle fucine di radical-chic che sono i Licei Classici pronti al definitivo suicidio spirituale iscrivendosi a Lettere, o a Filosofia, o a Matematica, oppure a diventare gli altolocati galoppini della matrix iscrivendosi a Economia, Giurisprudenza o a Medicina, il peggio del peggio. Novelli arconti senza nerbo, sradicati dalla terra, dal lavoro (quello vero), dalle passioni del corpo e dello spirito vitale, eterni incompetenti della vita e dell’amore, pronti a formare altri arrogantelli amorfi come loro, oppure a guidare dall’alto Nazioni o Multinazionali (o Chiese!).
Questo perché? Perché hanno fatto il contrario di quello che dovevano fare: sono partiti dalla testa, dalla mente, dai Classici, dimenticando la realtà, la vita, quella vera. Hanno saltato le basi e i loro studi classici sono diventati l’alibi aristocratico della loro fondamentale ignoranza. 

Attenzione dunque: gli studi classici sono, a mio avviso, indispensabili! Ma… dopo i quarant’anni.

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