domenica 28 febbraio 2016

Sul Complottismo e sugli Alieni



Se vogliamo smascherare il sistema, i governi, le menzogne, possiamo farlo grazie a ben documentate nefandezze storiche anziché argomentare su deboli congetture complottiste archeo-ufologiche. 

Certo, sono tutti ottimi spunti... niente da dire. 


Prendiamo ad esempio l’ipotesi che il “dio” biblico fosse stato un personaggio in carne ed ossa, magari pure extraterrestre. 


Punto primo: ritengo che l’interpretazione in base alla traduzione letterale sia una nostra scelta, legittima, ma arbitraria. Un po’ come se tra duemila anni pensassero che quando recitavamo il “Padre Nostro” non ci rivolgessimo a Dio ma effettivamente a nostro padre. Con l’Ave Maria salutavamo la nostra vicina di casa che si chiamava Maria. 


Punto secondo: che Dio, o quel “Dio”, sia stato metafisico o un personaggio storico, magari extraterrestre, non ha molta importanza, dato che comunque a livello eggregorico ormai esiste da millenni per cui non fa più tanta differenza, e, punto terzo, in ogni caso, non mi sembra l’elemento fondamentale o più forte per denunciare le menzogne della Chiesa: la sua terribile storia, molto ben documentata, è più che sufficiente e, come argomentazione, molto più solida per demolirne la credibilità sociale oltre che per dedurne e denunciarne le mistificazioni teologiche. 


La Chiesa, come i militari e i  governi, sono invece ben contenti che ci si perda dietro agli alieni, perché così, tra l’altro esponendosi al facile discredito, si sposta il problema, si perde di vista l’essenziale e, nella confusione generale, potranno continuare a fare quello che fanno, serenamente e godendo del consenso generale. 


Ecco perché non condivido e ritengo anzi ingenuo e controproducente un certo tipo di approccio informativo, anche se, ammetto, molto affascinante e di sicuro successo di mercato, ma che fa gioco proprio al sistema che si vuole demolire (sempre che sia quello l’intento principale). 






mercoledì 24 febbraio 2016

DOVE SIAMO DAVVERO?



Potremmo chiederci: se il film Matrix rappresenta, più o meno allegoricamente, la nostra condizione, così come nel film le persone reali sono in verità accovacciate in vasche e attaccate a macchine, in quella che è la nostra vita reale, noi dove siamo? Voglio dire, il nostro sé probabilmente è, come nel film,  dormiente altrove e, ancora come nel film, sogna, in virtù di una specie di software interattivo, tutto quello che ora riteniamo essere il nostro mondo: le città, la gente, tutto quanto. Potremmo dire che noi non siamo dove crediamo di essere e non vediamo né facciamo tutto quello che crediamo di vedere e di fare. È una vita fittizia. In realtà siamo abbioccati da qualche parte, attaccati ad un “sistema” che fa girare un programma di realtà virtuale, molto convincente, nella nostra mente. Ma, se nel film le persone reali sono là fuori addormentate in quelle vasche, noi, i nostri sé reali, dove potremmo immaginare che siano? Nel nostro caso cosa rappresentano le macchine? Dov’è la realtà reale? Dove sono i nostri corpi reali? Come sono fatti? Com’è fatto davvero l’universo? Chi siamo? E, in definitiva, dove siamo davvero, mentre crediamo di essere qui seduti a leggere questo scritto? 

Ebbene, “io” “penso” che l’essere umano reale, ognuno di noi, sia dormiente imprigionato dentro se stesso, preda di un virus connesso ai gangli della sua mente reale il quale intercetta, devìa e, in virtù del nostro potere creativo, riproietta attraverso sistema nervoso e sensi una dimensione esistenziale-olografica-materiale-collettiva riproducendo, fuori di sé, l’immagine del suo “corpo” e del “mondo”, ovvero di tutto quanto ci circonda. Quel virus è la mente di superficie che, alimentata da un persistente egocentrico oblìo della verità, prende possesso delle menti e crea quella bolla di illusione nella quale crediamo di trovarci, muoverci, agire, fare, evolvere e quant’altro. In realtà siamo dormienti dentro noi stessi, nella profondità della nostra vera mente, avviluppata nei tentacoli di questo polipo iper-plastico che intercetta e definisce a modo suo, ricalcando le necessità di un ego separato e conflittuale, il mondo illusorio che crederemo circondarci.


Meditando su questa vertiginosa immagine, possiamo valutarne tutte le molteplici incredibili implicazioni e forse avvicinarci a “capire” cosa può essere, e cosa non può essere, considerata come una “via di risveglio”. Possiamo forse intuire, silenziosamente e in punta di piedi, cosa potrebbe voler dire essere liberi.




sabato 6 febbraio 2016

Un Borgo? Un Villaggio? Forse non è quella la strada…


Casella di testo: CARLO DOROFATTI

Credo nel valore del Gruppo, del contesto felice, che sia un “laboratorio” di esperienze a confronto, di scambio e di amicizia. Eppure, non credo nei gruppi. Ho provato a sostenere (e per poco non ce la facciamo) un progetto di “borgo”, di “villaggio”, cercando di intuire nuove strade per non ricadere in cantonate (se non drammi) già visti e vissuti. Ho parlato con tante persone, ho sondato cosa bolle in pentola, progetti, idee, novità. Tutto per dare concretezza al sentire spirituale, alla ricerca, alla conoscenza con tanta fatica recuperata e resa nuovamente viva e pulsante. Ho fatto proposte, aperto e chiuso associazioni, raccolto e disperso persone, provato tante possibili opzioni.

Oggi l’Accademia è un bel progetto: ne sono soddisfatto. Così come il Laboratorio di Meditazione che, snello e senza burocrazie, è un bel contesto di incontro: tra ricercatori ma, soprattutto, tra amici. Si fa meditazione, ci si incontra, si vivono insieme periodi di “ritiro” in agriturismo, si viaggia: poi ognuno torna alla sua casa, alla sua famiglia, al suo lavoro portando con sé il meglio del suo vissuto, serenamente. Forse il “borgo”, quello più importante, è fatto di tempi condivisi, più che di spazi; di nuovi sogni, più che di riciclati progetti; di cuori caldi e appassionati che sanno vibrare su nuovi piani, più che di menti funzionali ed efficienti su questo. Cuori solidali, vicini, amici a prescindere… Pensieri che uniscono, che ci fanno sentire uniti, fratelli, ovunque siamo, cittadini del mondo.

Qualcuno penserà che sto facendo un passo indietro. No, non dico che non si farà, ma nascerà spontaneamente, da circostanze più naturali. Insomma, sto facendo un passo… di lato. Inutile andare avanti senza la certezza di aver cambiato corsia.