domenica 31 luglio 2016

Salvare il mondo? Salvare l’umanità? Salvarsi il culo? Non pensarci neanche. Fai il tuo e stai sul pezzo.




Devo tornare su alcune note dolenti. È necessario: vedo attorno a me troppa ingenuità. Osserviamo quello che sta accadendo nel nostro quartiere, nella nostra città, in Italia, nel mondo. Osserviamo le persone. Guardiamo perfino la TV, non tanto per credere a quello che dice ma per farci un’idea del livello. Manipolazioni politiche, sociali, economiche, religiose. Guerra, inquinamento, degrado, nel mondo e nell’uomo. Ogni tentativo di svolta facilmente intercettato, sedato, strumentalizzato. Il punto di non ritorno è stato oltrepassato da un pezzo. Nuovi movimenti e partiti politici che pensano di cambiare le cose? Nuove comunità ed eco-villaggi nei quali si pensa di rinchiudersi per sottrarsi da questa realtà, che poi la replicano al loro interno peggio che mai? Ingenuità. Se non droghe. Se non furberie alternative. Suicidi virtuali che si aggiungono a quelli reali. Il fatto è che non se ne viene fuori. E che ne siamo tutti responsabili. L’unica cosa che possiamo fare è essere testimoni di tutto questo. Prenderne atto. Viverlo quotidianamente per quello che è. Non fuggirne e non pensare di poterlo cambiare. Troppo tardi. Non pensare neanche di doverlo cambiare. Non pensare di dovere né di potere “salvare il mondo”. Non si può. L’unica cosa da fare è essere individui – ognuno per sé – che vivono in questa Storia, ma che, appunto individualmente e responsabilmente, scelgono di comportarsi con gentilezza, nobiltà d’animo, etica, per essere portatori - attraverso il loro modo di essere e di vivere, attraverso, per quanto possibile, le loro scelte e i loro modi -, di gentilezza, nobiltà, dignità e lungimiranza. Ognuno lavorando in sé, per sé. Partecipe della realtà che lo circonda immediatamente. Testimone indifferente di tutto il resto per cui nulla può fare. E se lavorando su di sé saprà, come naturale conseguenza e non perché se lo debba porre come obbiettivo, migliorare la realtà là fuori, tanto meglio. È l’unica strada per poterlo fare, del resto. L’individuo. Con il suo cammino di conoscenza e di consapevolezza. Con il suo cammino che amo definire spirituale, ma squisitamente personale, fiducioso in un più ampio disegno che può cogliere e determinare solo dal di dentro di sé stesso. Non borghi, non comunità, non nuovi partiti, non gesta eclatanti. Senza aggregarsi, senza organizzare progetti di salvezza, vanità nella vanità.


Fai il tuo. Conosci, scopri, impara, sii testimone di buona volontà e di amore, di gentilezza e di saggezza, per quanto puoi fino in fondo. Sicuramente capiterà che ti ritroverai tra amici che pensano come te, ma non dimenticare che tu devi e puoi fare solo il tuo. Non fuggendo dal mondo o creando isole felici: stai qui. Non progettando di cambiare le cose. Non impegnandoti in campagne di salvezza. Sii testimone, esempio vivente di una consapevolezza misteriosa, non lamentarti e non farti impressionare troppo. Così facendo (e non facendo) non potrai che portare del bene. Senza attaccamento. Tira un bel respiro e fai il tuo, su te stesso, per te stesso, portando avanti in prima persona la vita nella quale ti piace credere. I valori nei quali ti piace credere. La tua vita, secondo le tue circostanze. Rendendo vere, in te e per quanto possibile e come naturale conseguenza nella tua vita ordinaria, le conoscenze che senti rinnovarsi in te stesso/a nel perseguire un cammino spirituale che è risveglio, consapevolezza e compassione. A questo punto, la sola via possibile. E attraversa questa valle, dal destino ormai segnato. Lascia stare. Fai il tuo. Conosci, scopri, impara, sii testimone di buona volontà e di amore, di gentilezza e di saggezza…

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