martedì 4 gennaio 2011

Intervista pubblicata su SPIRITO LIBERO - a cura di Giovanni Gnecchi


Domanda:

Il tuo recente libro, “Nient’Altro che Sé Stessi”, suona come un monito, una sorta di anti-profezia che riporta l’attenzione inevitabilmente a sé stessi e alla propria responsabilità individuale, da tutti i punti di vista. Qual è il tuo atteggiamento personale rispetto alla ricerca spirituale e alla presa di coscienza di cui parli?

Carlo:

É ormai evidente che ci aspettano tempi di grande e veloce cambiamento, che siamo pronti o no. Non parlo solo di mercati e di economia. Il lato positivo della medaglia é che chi sa (e vuole) vedere nel caos il potenziale della rinascita non puó che giocare d’anticipo e cavalcare l’onda.

Personalmente ho voglia di natura, di amicizia, di cose semplici e vere. Per quanto mi riguarda ho deciso di investire in quelle attivitá culturali, divulgative e sociali piú coerenti con lo sviluppo di uno stile di vita e di una progettualitá in sintonia con la mia visione spirituale della vita e del mondo.

Vorrei anche contribuire ad un approccio forse utile per sfoltire le stupidaggini che disturbano sia una sana "ricerca di coscienza" (spiritualità, ricerca interiore o come la si voglia chiamare) sia la stessa "scienza" quale validissimo strumento di esplorazione della realtà.

Domanda:

Quali possono essere secondo te i primi passi per dedicarsi ad una sana ricerca di senso, o se vogliamo per dare una direzione autentica al risveglio di una certa consapevolezza?

Carlo:

In genere, stufi di una sempre più evidente, insopportabile e globalizzata presa per i fondelli, ci si comincia ad interessare di dietrologia geo-politica, ufo, meditazioni, archeologia misteriosa; si fanno corsi, seminari, si leggono libri, riviste, alla caccia di qualche indizio, di quale metodo, forse di qualche idea interessante, liberatoria, appagante.

Quando ci si accorge del caos nel quale si è entrati sorge naturale il rifiuto, oppure il cinismo, oppure ancora si rischia l’abbandono a qualche guru o setta. A meno che, finalmente, si senta davvero la necessità di fare ordine dentro di sé e ritrovare il famoso bandolo della matassa.

Domanda:

Cosa consiglieresti quindi a coloro che vorrebbero affacciarsi ad un percorso di ricerca in questi termini?

Carlo:

In pratica bisogna chiarirsi a quale esigenza si sta rispondendo veramente e quanto gioca l’ego personale; rendersi conto di ciò di cui si sta parlando e in fin dei conti dove si vuole andare a parare veramente: è un discorso terapeutico? In ultima analisi lo è sempre no? Oppure si parte da un’esigenza di autoanalisi? Si desidera piuttosto procedere da un’esplorazione “scientifica”? Si tratta dell’esigenza di migliorare la propria vita? Si desidera un potere? Lo sviluppo personale? Senza perdersi nei nomi e nelle etichette tipo “indagine interiore”, “ricerca spirituale” ed altre cose vaghe, di cosa stiamo parlando? Che cosa vogliamo?

Domanda:

Qual è lo scopo per te?

Carlo:

Io credo che alla fin fine lo scopo (il mio scopo) sia quello di vivere felice in una realtà felice, alla quale riuscire a dare il senso più ampio e bello possibile. Pur considerando ed eventualmente accettando tutte le circostanze nelle quali mi trovo calato, che, per qualche ragione, sono chiamato a vivere e sulle quali realisticamente posso o meno agire a livello personale, e, partendo da lì agire di conseguenza sulla sfera più collettiva e generale, senza per questo farmi carico del mondo. Per ottenere questa felicità possiamo adoperarci in mille modi, senza bisogno di tirare in ballo lo spirituale, il magico e l’esoterico. O meglio, forse, operando uno stile di vita e un’etica che sono già spirituali e se vogliamo un po’ magici nel momento in cui ci diamo da fare con spirito costruttivo e intelligente, animato da buon senso, buona volontà e amore sincero. Si vive, si lavora, si porta avanti una famiglia, si educano dei figli, oppure nulla di tutto questo ma comunque ci si adopera per creare le condizioni esistenziali migliori per sé e per la realtà di cui si è parte (e che noi stessi, inconsciamente, creiamo per lo sviluppo della nostra coscienza). E questo sono già in tanti a farlo, pur con tutti i limiti e i condizionamenti di questa nostra società malata.

Domanda:

Ma, per chi vuole conoscere? Chi vuole accedere ad un’esplorazione più profonda di sé e della realtà?

Carlo:

Hai ragione, capisco quello che vuoi dire. Infatti, è anche ora di sviluppare oltre una serie di considerazioni che pare si siano incagliate nelle maglie di una retorica davvero noiosa. Ad esempio, direi che abbiamo capito:

1) di dover essere centrati,

2) che per saper pensare agli altri bisogna saper pensare a sé,

3) che pensare positivo è meglio,

4) di essere sorridenti e ottimisti;

OK! Bene… Ripeto: abbiamo capito.

Possiamo andare avanti? Possiamo passare ai contenuti? Al sapere? Al capire?

Dicevo che si fanno corsi e seminari, si leggono libri e riviste, troppo spesso dimenticandosi, strada facendo, della domanda originale, ovvero delle intenzioni e delle necessità originali che hanno spinto verso una certa ricerca. Che è prima di tutto una ricerca di senso.

Si collezionano libri, corsi e magari – dato che tutto sommato può sembrare facile – se si ha un po’ di carisma personale ci si improvvisa pure divulgatori: coi tempi che corrono è il business del momento nel quale eventualmente riciclarsi; a volte basta saper comunicare e spararle grosse. Desolante vero?

So cosa stai pensando… Certo che ci sono passato anch’io!

Tra l’altro proprio come alle soglie dell’anno mille, adesso, con la scusa del 2012, come al solito si sta “panicando” e sbucano fuori riciclati o novelli predicatori ancora con bibbie e vangeli in mano!

Comunque, ritornando alla tua domanda, certo che può nascere un ulteriore anelito di scoperta, di conoscenza, di maggior coscienza di ciò che si è e della realtà che si vive. E’ una questione etica, di felicità, di benessere reale, ma diventa, progressivamente, sempre più una questione di conoscenza vera, di consapevolezza (forse di nostalgia?). Si vuole “capire”, capire per “essere” davvero.

Ma l’impegno può rivelarsi arduo, così come il prendere atto di ciò che si può scoprire in questo cammino può non essere assolutamente facile, né piacevole: la famosa “pillola rossa”!

Diverse persone spesso mi chiedono maggiori elementi e informazioni per meglio inquadrare il percorso da me esplorato, ovvero il percorso verso la guarigione che definirei spirituale, così come verso una più completa

· conoscenza di se stessi,

· coscienza della realtà

· e consapevolezza della propria direzione evolutiva.

La mia personale esperienza mi convince che un percorso di risveglio della coscienza non può che passare attraverso un impegno radicale e soprattutto attraverso coerenti scelte di vita, all’insegna della più assoluta libertà e responsabilità individuale.

Domanda:

Tu punti tutto sull’individuo in quanto tale. Quindi gli insegnamenti dei maestri? Le grandi tradizioni? Come si può prescinderne?

Carlo:

Il fatto è che più che altro si passa da un’illusione all’altra, da una suggestione a un’altra, da un sogno a un altro, che non di rado si trasforma in un incubo. Ben inteso che i riferimenti, i maestri, i guaritori, i relatori di ogni sorta possono essere tutti validi stimoli: punti di riferimento formativi e fonti di ispirazione; ma vanno ineludibilmente trascesi e lasciati alle nostre spalle; e saranno loro stessi – se autentici - ad applaudire la nostra scelta, il nostro passo avanti, la nostra liberazione anche da loro e dal loro insegnamento (che è pur sempre il “loro”, ma non il nostro! Non il tuo!). Qual è il tuo insegnamento? Dov’è la tua maestrìa? O vogliamo giocare a fare gli eterni allievi, gli eterni corsisti? Che poi è anche così, certo, ma non nel senso in cui ne sto parlando ora.

Io credo nella disciplina, nella regola e nella devozione come vie per avvicinarsi a se stessi e non per allontanarsi dal nostro centro, dalla nostra intelligenza e dalla nostra responsabilità. Non credo in scuole eterne, in riferimenti irrinunciabili, nei dogmi e nei salvatori, così come non credo in un popolo di illuminati, ma in persone libere e consapevoli nel popolo del mondo.

Le scuole, proprio in quanto tali, vanno lasciate; altrimenti non sono scuole ma sette, a meno che non si condivida un progetto specifico, ma attenzione: che sia sempre anche il vostro progetto. Che si conservi proprio per quel progetto in cui credevate e credete ancora, e che non diventi l’ennesimo nascondiglio, l’ennesimo imbroglio.

Con il percorso che, nel mio libro, ho definito “endoterico”, fatto di letture, pratiche, incontri e gruppi di studio, io propongo una riconsiderazione profonda di tutte le fonti, alla luce di quanto possa essere stato interessante, valido e veramente significativo per me e che mi sento di condividere in piena libertà e senza nessuna aspettativa. Che ognuno poi si regoli e si applichi con determinazione alla propria ricerca personale.

Domanda:

Cosa hai in mente per il futuro?

Carlo:

Durante le mie conferenze e molti incontri con diverse persone, ho notato che, così come a taluni basta leggere qualche libro, frequentare di tanto in tanto qualche conferenza o cimentarsi in qualche seminario esperienziale, altri vogliono un percorso più strutturato e continuativo, per approfondire meglio concetti e pratiche.

Alcuni desiderano portare avanti una ricerca più coinvolgente, a livello individuale o di gruppo. Altri ancora sognano una vita diversa.

Perchè, in fondo, cosa cambia? Che ci cambia?

Che ci frega dell’ennesima scoperta, dell’ennesima teoria e dell’ennesima tecnica dell’ultimo guretto che salta fuori dal cappello? O di fare la parte dei soliti eterni allievi/adepti imbambolati dall’ultima moda spiritual-chic? E della solita scappatoia che ci fa sentire belli, bravi ed evoluti e a posto con la “coscienza”? Per poi tornare non tanto alla solita vita che, a ben guardare, è proprio quella la vera palestra spirituale, ma inevitabilmente alle solite logiche che quindi fanno della nostra vita… la “solita vita”.

A prescindere da quanto ognuno voglia e si senta di fare, in piena libertà, autonomia e coscienza, io credo che serva ancora un’altra opzione possibile: un ulteriore “sbocco”, stimolante, divertente e concreto. Infatti spesso, durante gli incontri e le riflessioni comuni, sembra nascere e prendere piede l'idea di lanciarsi in progetti condivisi, con grande passione, entusiasmo e voglia di fare qualcosa di bello, di diverso. Va bene… facciamolo pure.

Ritengo in linea generale buona l’idea di creare dei laboratori di pensiero, in grado di portare avanti esperienze e programmi di studio, in funzione di progettualità condivise anche più ampie. Si promuove così la ricerca libera e indipendente. Ritengo che questo sia uno sviluppo molto interessante rispetto alla conferenza occasionale, al singolo seminario o all'incontro del momento, in modo che possa dare spazio all'approfondimento multidisciplinare, così come ad una continuità edificante e più efficace sul piano della crescita personale.

E’ bello voler creare e condividere opportunità sane, nuove e stimolanti, ma l’individuo è, e deve rimanere, sempre al centro: protagonista responsabile, maestro e guaritore di se stesso, apprendista umile e intelligente, ricercatore libero e autodeterminato, unico e ultimo giudice di se stesso.

Si parla tanto di Nuovo Ordine Mondiale: ebbene io sono per un nuovo ordine personale. Abbiamo bisogno, prima di tutto, di rientrare in noi stessi per creare le condizioni di un radicale risveglio (o forse ripristino?) dei valori umani e naturali.

Domanda:

Ti fai quindi promotore di questi gruppi? Come pensi di portare avanti queste iniziative?

Carlo:

Assolutamente no. Non voglio essere leader di nessuno. Se mai metto a disposizione la mia esperienza, posso dare una mano, qualche idea. Ma, siamo tutti sulla stessa barca. Ripartiamo da noi stessi: dal ritornare alle basi più elementari, essenziali, di ciò che siamo.

Che ognuno tragga finalmente da dentro di sé una motivazione legata alla propria consapevolezza e impari ad essere leader di se stesso e dei propri sogni, con un po’ di geniale follia, ma sempre con responsabilità e profonda onestà.

Tratto da: SPIRITO LIBERO, Novembre 2010, n. 26